Baveno in breve

Il Comune di Baveno è situato a 205 mt. d’altitudine, su una superficie di 17 kmq. e conta poco meno di 5000 ab. Compreso tra i comuni di Verbania, Stresa e Gravellona, si trova stretto tra le rive del golfo Borromeo e le pendici dei monti Camoscio e Mottarone, tagliato dal torrente Selvaspessa e delimitato dalla foce del fiume Toce. Vi sono ancora molti boschi sulle zone scoscese, mentre gran parte del territorio urbanizzato è in pendenza, ad eccezione dell’area pianeggiante caratterizzata dall’abitato di Feriolo, dall’area industriale e dalla foce del Toce.
Secondo il “sommarione” del catasto Rabbini, anno 1860, il territorio comunale si distingueva nelle seguenti località toponomastiche, elencate da nord a sud: Piano Grande, Feriolo, Gavaggi, Cantonaccio, Madonna della Scarpa, Piano del Castello, Brughera, Mola della Brughera, Brugherino, Ronco Vecchio, Sotto la Cava, Alla Cava, Campi Nuovi, Cré, Roncaccio, Cantone, Prato dei Molini, Toronchi, Fabbricato, Tosonché, Ronchetti, Viscania, Magnano, Mutà, Valasia, Chiosotto, Salegiù, Al Sudato, Al Monte, Alpe Camusso, Salvadauda, Quara, Madonna dei Prati, Ronchi di San Protasio, Chioso dei Bonnini, Caseggiato, Domo, Barazza, Brera, Tari, Cascinella, Noc, Cabiola, Crezza, Ciappina, Prati della Mussa, Cimalegro, Oronte, Piana del Protasio, Ronco Matteo, Navalesco, Vogini in Monte, Prato Grande, Gancio, Sereja, Cossola, Ronco Pariano, Romanico, Bustero, Molino di Ripa, Vogini, Prato dei Molini, Loita, Brugale, Chioso, Roncaro, Prati Belli, Rampolini, Pianelle, Piogelle. Tutte queste località, alcune delle quali chiamate al medesimo modo ancora oggi, si riconducevano ai centri abitati del capoluogo e di cinque frazioni, che fra poco si descriveranno.
Lo stemma di Baveno è sormontato da corona e affiancato da due rami di alloro, consiste in una colonna in granito rosa in primo piano al centro, con doppio campo diviso obliquamente la cui parte alta è un cielo azzurro, e quella bassa una parete in granito rosa.

Notizie storico istituzionali ed economiche

DALLE ORIGINI A NAPOLEONE L’area del Verbano (costa lacuale nella zona di Verbania) così come il resto della fascia alpina, non venne interessata dalle mire espansionistiche dell’impero Romano prima dell’inizio del I sec. d.C. quando Augusto, riconoscendo l’importanza della sicurezza stradale anche sui monti, effettuò alcune campagne in queste zone. I reciproci interessi scaturiti nell’ambito del commercio favorirono la romanizzazione delle popolazioni indigene senza traumi.
Le vie di collegamento preferite col nord Europa erano quelle attorno al monte Rosa. Solo con Milano capitale dell'impero Romano d'Occidente (286-402 d.c.) furono potenziate anche le vie fino a quel momento secondarie. Il tracciato romano doveva passare da Baveno a mezza costa, ciò è dimostrato dal toponimo ottocentesco della "strada Romana" passante da Romanico. Arrivava dal Sempione e dalla val Ossola, si biforcava a Gravellona, con un tronco verso Orta, l’altro lungo il Vergante (costa sud-occidentale del Lago Maggiore, da Sesto Calende a Pallanza) a ricongiungersi con la strada per Milano.
La cristianizzazione dell'area avvenne intorno al IV sec. come si deduce da alcuni indizi: la scomparsa dei ritrovamenti archeologici dal V sec. (i corredi funebri sono una prerogativa pagana), inoltre l’intitolazione della pieve SS. Gervaso e Protaso, chiaro segno del legame con l’opera Ambrosiana di ristrutturazione e diffusione delle sedi religiose allora in atto. Tali santi erano infatti legati strettamente a s. Ambrogio (nella basilica milanese sono sepolti accanto a lui).
A fine età Longobarda, meglio con l’inizio dell’età Carolingia si istituiva la decima (tassa sacramentale legata all'approvvigionamento delle pievi). Dal VIII sec. Baveno era a capo di un'ampia circoscrizione cristiana. A quel tempo il Verbano veniva considerato punto strategico per la difesa della pianura dalle invasioni alemanniche prima e franche poi.
Traccia dell'epoca Longobarda rimane nei termini toponomastici Gavaggi (= bosco riservato al signore) presso Feriolo, Bressa (= braida, campagna) presso la "corte" di Baveno, Feriolo (da Fara) e Romanico (da Aramannico).
Durante l’età Carolingia e Ottoniana Baveno era una curtis (= nucleo aziendale fondiario anche di natura difensiva). Anche Arona, Lesa e Isola Madre erano corti, ed erano legate a enti monastici pavesi (nota che Pavia era allora la sede del re, pur nella graduale affermazione del vescovo di Novara). Tuttavia pare che in quest’epoca la corte di Baveno facesse capo al monastero pavese di S. Pietro in Ciel d'Oro, dal IX sec. al cenobio benedettino di S. Donato di Scorzola (Sesto Calende), quindi al cenobio di S. Salvatore a Pavia. A fine XII sec. tornava sotto il cenobio sestese. E’ di quegli anni a Baveno l’introduzione della distinzione tra il podere della corte e i beni dati in locazione ai coloni.
Durante l’età Feudale, tra il X e il XI sec. per effetto delle trasformazioni economico sociali che si accompagnavano alla maggior fiducia del popolo verso i signori, iniziò il disgregamento dei possedimenti ecclesiastici, mentre si innescava il braccio di ferro tra Arduino, marchesi di Ivrea, conte di Pombia, conti di Biandrate e conti Da Castello; intanto la pieve di Baveno si strutturava definitivamente in canonica con un prevosto attestato per la prima volta in un documento di metà XII sec. quale responsabile spirituale ed economico del clero tra le pievi confinanti di Gozzano e dell’Isola Madre. Nel XV sec. Baveno contava tre canonici. Dopo la vittoria di Legnano del 1176 l'arcivescovo di Milano occupò tutta la costa sud-occidentale del Lago Maggiore, ottenendo pure la proprietà del manso di Baveno a svantaggio dei pretendenti abati del monastero sestese. Ma questi ricorsero presso il papa e ri-ottennero almeno Baveno.
Le lotte continue tra marchesi di Ivrea e Città di Novara facilitarono l’inserimento della casata Visconti nel tessuto politico-feudale vassallatico a inizio XII sec., fungendo da pretesto per l’espansione milanese nell’Ossola-Vergante. Così a inizio XIII sec. l’area cusio-borgomanerese era in mano ai Visconti, mentre la fascia costiera del Verbano rimaneva sotto l’arcivescovo di Milano, con Lesa a far da capitale. In ambito civile nulla accadde di notevole a Baveno nel XIV e XV sec., al contrario la pieve di Baveno estese la propria giurisdizione in campo religioso. Nel 1277 a Desio la vittoria dei Visconti sui Torriani ne consolidò il potere signorile (spirituale e temporale) che tale rimase anche durante il XIV sec. Durante il XIV sec. si stipularono i primi trattati commerciali tra Milano e la Svizzera, che trovarono nella strada del Sempione il loro strumento. Gli importi dei pedaggi venivano riscossi nel castello visconteo di Lesa, presso la riva lacuale. Nel 1356 gli Estensi, Gonzaga e marchese di Monferrato si allearono contro i Visconti per il dominio del Verbano, e negli scontri il castello di Feriolo avrà parte importante. Alla fine prevalsero i Visconti che rimarranno signori incontrastati fino al primo ventennio del XV sec., quindi gradatamente sarebbe subentrato il casato commerciale dei Borromeo.
Dal 1439 al 1447 Vitalino Borromeo veniva infeudato progressivamente di tutti i luoghi chiave del Vergante.
Gli Sforza rinnoveranno ai Borromeo le prerogative feudali sul Verbano fino alla Rivoluzione Francese. I Borromeo fecero di questi luoghi un vero e proprio stato diviso in dieci podestarile, svincolate per privilegio dalle magistrature di Novara e Milano.
Nel 1455 Filippo Borromeo revisionò gli statuti del Vergante. Nel 1538 nasceva Carlo Borromeo, a suo tempo riformatore della spiritualità religiosa cattolica. Gli si attribuisce la scoperta del granito di Baveno, e soprattutto l’intuizione sulle sue potenzialità economiche.
Tuttavia tra il 1576 e 1630 il Verbano non sfuggì alle pestilenze, inoltre molti oneri gravosi di uomini e soldi nel XVII sec. vennero pagati per contrastare le mire sabaude di espansione sul Monferrato. Nonostante ciò si verificò un certo sviluppo rurale, commerciale e ripresa dell’edilizia.
Nel 1713 con la pace di Utrecht il governo austriaco si impose sugli Spagnoli. La dominazione austriaca portò anche benefici, come la riforma fiscale voluta da Maria Teresa e basata sul catasto terriero, un impulso alle commercializzazione di vino, legna e carbone ricavate dai vasti boschi comunali, e alle attività artigianali legate all’uso di un torchio e ben 11 mulini, dei quali la toponomastica attuale conserva il ricordo.
Nel 1743 il trattato di Worms definì tra le altre cose la cessione del Verbano dall’Austria ai Savoia, e tale situazione venne rafforzata nel 1748 quando, con la pace di Aquisgrana, il Vergante e Stresa si staccarono dalla Lombardia ed entrarono definitivamente a far parte del Piemonte. Tuttavia la poca considerazione dei Savoia nei confronti di queste terre di frontiera causò una tangibile regressione ed emarginazione. Il malcontento della popolazione culminava in una battaglia di patrioti cisalpini e napoleonici contro i Savoia nel 1798, presso la piana di Feriolo. Ne uscirono sconfitti i patrioti, nonostante ciò poco dopo Carlo Emanuele IV abdicava e il Piemonte venne annesso alla Francia. Altri disordini si verificavano a Baveno nel settembre 1799 allorquando le truppe imperiali napoleoniche, passando in paese, asportarono il mobilio dalle case e anche dal municipio, seminando smarrimento e confusione nella popolazione. In questi anni venivano aboliti i diritti feudali, inoltre veniva istituito il dipartimento dell’Agogna, comprendente tutta la sponda occidentale del lago e l’intera provincia di Novara, e che sarebbe durato fino a quando, con il congresso di Vienna, anno 1814, si decideva il ritorno del Piemonte ai Savoia. Nella riorganizzazione del territorio si tese a mantenere le innovazioni francesi ritenute valide, e cancellare quelle non condivise. Ad esempio il predetto congresso decise di ripristinare le antiche divisioni territoriali, e a livello locale ci si persuase a sciogliere alcuni accorpamenti di comuni, come quello per cui il Comune di Chignolo Verbano era stato declassato a frazione di Baveno. Nel 1818 Vittorio Emanuele I divise il Piemonte in quattro governi (ossia divisioni) ripartiti a loro volta in province, tra cui Pallanza (nella divisione di Novara). A sua volta ogni provincia veniva suddivisa in mandamenti (quelli di Pallanza erano: Arona, Cannobbio, Intra, Lesa, Omegna, Ornavasso, Pallanza) . Questa zona diventa allora anche un rifugio per uomini del Risorgimento, attirati dall’orientamento verso l’unificazione nazionale mostrato dal governo Sabaudo. Tra questi il politico-scienziato Giacinto Provana di Collegno che abitò a Baveno nella villa Galtrucco.

L’OTTOCENTO E IL NOVECENTO All’inizio del XIX sec. veniva aperta, per decisione del governo Napoleonico, la strada carrozzabile del Sempione che, divenendo la via più veloce per collegare Parigi a Roma, costituì una grande occasione per aumentare i traffici commerciali del territorio e, effettivamente, anche l’industria manifatturiera venne incrementata (lungo il torrente Selvaspessa, ad esempio nacque la fabbrica di scardassi Schelling). Il successivo governo Piemontese, tuttavia, non seppe o non volle sfruttare appieno quest’opportunità di sviluppo commerciale, forse perché il traffico avrebbe giovato più al lombardo-veneto, ancora austriaco, che ai Savoia; infatti anche la ferrovia Arona-Domodossola sarebbe arrivata solo nel 1905, anche per opposizione dei proprietari delle ville situate lungo la costa tra Arona e Baveno, che protestavano per ragioni prevalentemente estetiche. Tra questi c’erano anche i coniugi Manzoni-Stampa.
Contemporaneo all’apertura del Sempione fu anche l’incremento della lavorazione del granito rosa su scala industriale. Tale pietra bavenese si dice essere stata scoperta da Carlo Borromeo, e infatti già veniva utilizzata a metà Cinquecento sulle facciate di edifici milanesi. Ancora oggi è esportata in tutto il mondo. Il granito veniva sfruttato con modalità artigianali fino a inizio XIX sec., quando ancora gli abitanti di Baveno e paesi limitrofi erano quasi tutti impegnati in attività connesse all’escavazione: chi a produrre la polvere pirica (stabilimenti Salvi e Locatelli a Loita), chi a trasportarla con le gerle, chi a minare in montagna, chi a rompere i massi sulla riva del lago, sotto le tettoie/sostre, chi a lavorare i blocchi (i cosiddetti “picasas”, che abitavano prevalentemente a Oltrefiume). Lo sviluppo industriale di tale attività si deve all’imprenditore Nicola della Casa (1844-1894), che per primo sperimentò l’uso di gallerie, e ideò la lavorazione meccanica del granito. La conseguente meccanizzazione avrebbe determinato alla lunga un minor impiego di uomini e il fallimento di della Casa. La strada del Sempione, i battelli a vapore (e più avanti la ferrovia) richiamarono la nuova borghesia imprenditoriale, nonché diedero impulso al turismo: se nel XVIII sec. la zona era zona era rientrata negli itinerari cultural-didattici del Grand Tour come percorso di passaggio, nel XIX sec. diventa meta di viaggiatori romantici affascinati dal paesaggio di Baveno e dal contrasto delle isole Borromee.
Gli stabilimenti ricettivi si sviluppano a partire da questo momento. L’albergo della Posta, detto anche Adami dal nome dei proprietari, esisteva già nel 1820, e nel 1860 era gestito da Tommaso Pedretti così come poco dopo il nuovissimo Hotel Belle Vue.
L’applicazione del vapore ai battelli sul lago Maggiore risale al 1824, per specifico interessamento di Camillo Cavour, mentre le ferrovie arrivarono sul lago (ad Arona) nel 1855 con la diramazione da Alessandria, e nel 1859 con quella da Milano-Varese.
Nel 1867 i fratelli Zanoli inauguravano l’albergo Beau Rivage, mentre Tomaso Pedretti costruiva l’Hotel Belle Vue tra il 1865 e il 1866, innovativo in quanto fornito di acqua corrente fatta arrivare da fonti vicine con tubature sotto strada.
Nonostante questi episodi, l’Amministrazione bavenese ancora considerava il turismo secondario rispetto il valore economico dell’attività estrattiva, cui si affiancava anche l’industria manifatturiere, con la filatura di cotone fondata nel 1852 da Schwarzenbach e la fabbrica di scardassi fondata nel 1866 da Schelling, inoltre due fabbriche di minuterie metalliche, quella di Razzini nel 1856 e quella dei soci Vogini e Ruffoni nel 1866. Questa sottovalutazione causò ad es. dei ritardi nel dotare il luogo di efficienti servizi igienico-sanitari, un razionale piano regolatore, un adeguato impianto di illuminazione pubblica.
Il soggiorno della regina Vittoria presso villa Henfrey nel 1879 incrementò molto il turismo inglese, che a sua volta stimolò l’edificazione degli alberghi Simplon e Suisse. Anche il sindaco di allora Gerolamo Rossi ne approfittò comprando nel 1880 villa Durazzo trasformandola in due anni nel Grand Hotel Baveno. Nel 1882 e 1887 a Baveno soggiornò pure il principe Federico Guglielmo di Prussia, tuttavia lo sviluppo alberghiero vide da quel momento una lunga fase di stallo. Considerato un discreto aumento del flusso turistico diretto sul Mottarone, nel 1887 l’albergatore Cagliani (già proprietario del ristorante Nazionale) apriva l’albergo Alpino. Negli anni novanta vennero presentati progetti per la cremagliera Baveno-Mottarone e per la tramvia Arona-Gravellona, ma alla fine non se ne fece nulla. La diminuzione del flusso turistico fu la causa del fallimento nel 1893 del Grand Hotel Baveno che, seppur acquistato da Carlo Pedretti due anni dopo, solo nel 1906 sarebbe stato riaperto al pubblico.
Se finora a Baveno si arrivava solamente in battello, con l’apertura del traforo del Sempione si inaugura nel 1906 anche il tronco ferroviario Gravellona-Arona. Non senza polemiche, in quanto il sito della stazione di Baveno fu deciso nel 1902 senza arrivare ad un vero accordo del Consiglio Comunale, al cui interno si fronteggiavano la fazione degli industriali, che l’avrebbero voluta in località Oltrefiume (presso le fabbriche), e la fazione degli albergatori che spinse per posizionarla nel capoluogo (presso lo scalo portuale), dove poi venne realizzata dalla Società Mediterranea.
Negli anni 1906-1908 viene costruito, sul modello di quello di Stresa, l’imbarcadero in stile liberty. Nel 1907 nasce la Pro Loco di Baveno, che quasi subito acquista nuove lampade per illuminare il lungo lago e la via d’accesso alla stazione, inoltre allestisce il primo giardino pubblico sul lungolago, grazie anche alla concessione del sito da parte della signora Maria Branca Scala. Ancora la Pro Loco promuove la diffusione di réclames informative sulle bellezze del luogo.
Nel 1906 l’albergatore Paolo Borgo a fronte di un rinnovato incremento turistico riapre il Grand Hotel Baveno, con nome Palace Grand Hotel, e spinge l’Amministrazione bavenese a valorizzare l’abitato con il Piano di lavori pubblici del 1911, che prevedeva: nuove strade e allargamento di quelle esistenti, aumentare l’accessibilità dei luoghi panoramici, abbellimento del lungolago, spostamento del porto presso la località Molino di Ripa, allontanamento del cimitero dall’abitato, potenziamento della fognatura comunale, ampliamento dell’edificio scolastico e costruzione nuovo asilo infantile, sistemazione della spiaggia di Feriolo.
Dopo l’approvazione del Piano da parte del Genio Civile, nel 1913 venne inaugurato il rinnovato edificio scolastico, e il lungolago nel 1913. Poi i lavori vengono interrotti a causa della Prima Guerra Mondiale. Riprenderanno nel 1919, per finire nel 1921.
Se durante la guerra la mancanza di clienti aveva spinto albergatori a mettere a disposizione dell’Autorità Militare i grandi alberghi per ospitare militari feriti, tuttavia il turismo pendolare dei milanesi non si interruppe mai del tutto. Alla fine della guerra il turismo viene utilizzato come volano per la ripresa delle attività economiche.
Anche grazie a ciò nel 1923 si decise di aprire un complesso termale a Baveno, tra villa Henfrey e l’albergo Beau Rivage, utilizzando due antiche fonti attorno alle quali si erano rinvenute tracce di palafitte, muri romani, vasi e monete. Qui la Società Anonima Terme costruì alcuni padiglioni per cure termali, oltre un impianto di imbottigliamento. Esse vennero ampliate nel 1932-34 con porticati, terrazze solarium, campi da tennis e skating.
Per volontà mussoliniana nel 1926 si istituiscono le Aziende autonome delle stazioni di cura, soggiorno e turismo. La sezione bavenese fu inaugurata nel 1929. Oltre le attività ordinarie curava in particolare l’organizzazione di varie manifestazioni, di cui si ricorda il “Primo concorso nazionale della canzone del Lago Maggiore” (1931), una sorta di antenato del festival canoro Sanremo; la “Leggenda delle rose” (1932), favola simile alla Bella addormentata mimata sul lungolago dal corpo di ballo della Scala di Milano; il progetto “Caramba” (1933) che prevedeva la tinteggiatura delle abitazioni del lungolago a colori vivacissimi, per invogliare il forestiero a fermarsi. Molto attivo tale ufficio fu nella propaganda mezzo radio, giornali, manifesti su treni e insegne luminose in città valutando che Baveno fosse sfavorita dai mass-media nazionali dell’epoca rispetto altre località turistiche.
Se durante la Prima Guerra Mondiale il movimento forestieri si era quasi azzerato, viceversa durante la Seconda gli alberghi, le ville, nessuna pensione furono mai così pieni. Il fenomeno degli sfollati spingeva la popolazione lontano dalle grandi città per evitare il rischio dei bombardamenti, addirittura chi lavorava a Milano iniziò a fare il pendolare. Se il governo aveva auspicato tale sistemazione per gli ariani, al contrario lo vietò agli ebrei, invitando le autorità locali a segnalare eventuali individui indesiderati. Baveno non si attenne a quest’ultima direttiva, non segnalando anzi coprendo i suoi ospiti e residenti ebraici.
Case e alberghi erano occupati dagli sfollati, ma fanno eccezione gli hotels “Lido Palace”, “Simplon” e “Belle Vue” che dal 1941 furono trasformati in ospedali militari per feriti, i quali ovviamente erano esenti dal pagamento della tassa di soggiorno, però purtroppo per questo non compaiono nelle statistiche.
La Prima guerra mondiale, insieme alla seconda si era portata via molti militari di Baveno. Ma altre vittime, civili e non, devono essere ricordate specificamente. Dal settembre 1943 l’Italia diviene territorio di battaglia, occupata al nord dai tedeschi e al sud dagli Alleati. I principali alberghi di Baveno furono requisiti dalla divisione SS Leibstandarte per potervi installare i comandi delle forze germaniche. Nei giorni 13 e 14 settembre avvennero i rastrellamenti di ebrei da parte di queste SS, che poi continuarono per tutto il Vergante fino al giorno 23. Si trattò della prima strage effettuata in Italia dalle SS, alla fine furono 54 le vittime. A Baveno scomparvero tre famiglie ebree, Luzzato, Wolfsi e Serman, quest’ultima in particolare si ricorda per aver risieduto in affitto nella villa Fedora.
Non si può inoltre tacere il contributo di vite offerto alla patria durante la Resistenza, soprattutto a Baveno si ricordano i cosiddetti “42 martiri”, partigiani prelevati dalla Valgrande e fucilati in una cantina il 20 giugno; infine non si possono tacere i cosiddetti “17 martiri”, ragazzi prelevati dalla divisione “Valtoce” e fucilati per rappresaglia il 21 giugno 1944, dietro il monumento ai caduti presso l’imbarcadero. A tutti questi la Città di Baveno ha dedicato alcune vie.
Nel dopoguerra si è perseguita la rinascita economica, e a Baveno che non ha conosciuto i bombardamenti ciò è stato particolarmente veloce. Si è puntato molto sull’industria estrattiva, con uno sviluppo che oggi si consolida nella presenza delle cave: Cava Braghini, Cava Camoscio, Cava Grassi ex Gianoli, Cava ex Locatelli, Cava Scala dei Ratti, Cava Seula, per citare e più conosciute. Altro settore privilegiato è quello turistico-ricettivo: con lo sviluppo dell’automobilismo esso si è adeguato alle nuove esigenze di un turismo di massa, in parte residenziale (seconde case), in parte itinerante, che ha preteso un’alternativa economica al soggiorno di lusso e prolungato. Così sono nati campeggi, motel, meublé. La vitalità edilizia ricettiva e privata (in buona parte seconde case) è testimoniata dalle pratiche edilizie fin da inizio anni 50, anche se con eccessi tra gli anni 60 e 70 che hanno in parte compromesso il primitivo pregio paesaggistico dei luoghi. In appoggio al boom edilizio è stato varato un adeguato piano di lavori pubblici, con ampliamento di acquedotto e fognature, ampliamenti dei cimiteri, potenziamento dell’illuminazione stradale, ristrutturazione di edifici pubblici, realizzazione del centro sportivo, costruzione di asilo nido, scuola materna, scuole medie. In chiave turistica è stato dato nuovo impulso alle manifestazioni, da sfilate in costume a barche illuminate e infiorate, da concerti a fuochi pirotecnici, anche concorsi ed esposizioni, iniziative che continuano tuttora ad essere una prerogativa vincente dell’Amministrazione bavenese.
Alla crisi del settore manifatturiero degli ultimi decenni del XX sec., che aveva visto scomparire le fabbriche di Oltrefiume e del capoluogo in favore della nuova area industrial-commerciale di Feriolo, si somma la più recente crisi della globalizzazione cui si sta contrapponendo almeno il rilancio del settore turistico. Può non essere casuale che le terme di Baveno, riaperte subito dopo la guerra e chiuse durante gli anni Ottanta del Novecento, siano di recente al centro di un progetto di recupero da parte del gruppo Zacchera.